IV
LE ESTASI

 

La vita di fra Umile, come risulta dai processi apostolici, fu un'estasi continua: i rapimenti si succedevano, infatti, con frequenza regolare e dura­vano spesso delle ore. In chiesa, in refettorio, in cucina, nelle strade, nei lun­ghi viaggi a piedi, nei percorsi da convento a convento, nei valichi della Sila: ogni luogo ricorda un momento particolare di queste estasi.

Esse avvenivano in modi diversi: a volte fra Umile parlava di realtà divi­ne ed altissime per la sua cultura; altre volte con un spirito di profezia pre­veniva il futuro. Altre volte ancora esprimeva in viso i sentimenti che prova­va nel cuore: poteva essere gioioso e sorridente ma anche triste. Spesso, poi, prorompeva in canti dolcissimi.

Di tutte queste trasformazioni qualcuno gli chiese spiegazioni, ed egli stesso ne parlò facendo capire che dipendevano da ciò che il Signore gli poneva davanti. Alcune volte, infatti, egli poteva ammirare tutta la gloria di Dio e dei santi del cielo; altre volte, invece, gli mostrava la sofferenza dei dannati dell'inferno.

Il suo pianto erompeva soprattutto dal vivo ricordo di qualche tratto della Passione del Signore. Come S. Francesco, fra Umile piangeva per quell'Amore non amato dall'uomo. In ogni caso, comunque, quando fra Umile sentiva la voce del superiore, le estasi terminavano perché egli potes­se obbedire ad ogni sua volontà.

Quando i confratelli si accorgevano del suo stato e gliene riferivano, il fraticello cadeva in una gran confusione e, per evitare la vanagloria, cercava di spiegare quegli eventi come fenomeni naturali. Non voleva, infatti, che nemmeno i presenti avessero di lui un concetto superiore. Preferiva perciò chiamarli bassamente stordimenti e parlarne come se fossero delle vere e proprie malattie, arrivando persino a rammaricarsi perché non gli era stato possibile trovarvi un rimedio adatto.

Questi doni di Dio furono accolti con gran sofferenza dal frate che, da subito, dovette rispondere personalmente il dubbio che s'insinuava nella propria mente quanto nella psiche dei confratelli: anche fra Umile si tor­mentò, infatti, inizialmente nel sospetto che esse fossero una suggestione diabolica.

Questo turbamento divenne ossessionante un giorno, nella preghiera solitaria. Non sapendo più come rispondere, fra Umile si rivolse il venera­bile Duns Scoto. Questo sapiente teologo era stato scelto, durante il noviziato, come protettore della sua vocazione: l'ultimo dei frati del convento, fra Umile, aveva voluto per sé il più grande fra i dottori dell'Ordine dei frati minori!

A legare questi due estremi erano certamente l'amore per la Vergine, che aveva aiutato fra Umile il giorno dell'esame e che Duns Scoto aveva rico­nosciuto nella sua Immacolata Concezione. Ma a tenere insieme l'Illetterato e il Dottore fu anche la meravigliosa capacità di fra Umile di trattare ogni questione teologica, come in seguito Dio gli concederà istruendolo proprio attraverso le estasi.

Duns Scoto, convocato dal suo protetto, intervenne nel dubbio sulla loro natura: apparve a fra Umile rassicurandolo sull'origine divina di quel dono cosicché, da quel giorno, il frate non ne dubitò mai più.

 

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