V
.. E LE PROVE
Fra Umile aveva dubitato delle proprie visioni e aveva
dimostrato di avere una fede sapiente più che credulona. Aveva vagliato ogni
cosa e non aveva smesso di usare la propria intelligenza per credere a cibò
che riceveva. I suoi confratelli desideravano un analogo approfondimento:
volevano ben capire le dinamiche con cui le estasi avvenivano e il loro
significato. Naturalmente non fu possibile verificare la natura di questo
dono senza provocare molte sofferenze a colui che lo riceveva. Tante furono,
infatti, le prove a cui venne sottoposto sia dagli uomini che dal demonio.
I suoi confratelli, per esempio, pur costatando la
santità di vita che accompagnava questi miracoli, iniziarono a temere che
fra Umile potesse essere vittima di suggestioni diaboliche. Per comprendere
quale spirito lo ispirasse lo sottoposero a molte e dure prove ma sempre ne
ebbero una duplice certezza: che tutto in lui proveniva da Dio e che le sue
virtù erano profondamente radicate.
La notizia della sua santità e dei prodigi operati si diffuse presto intorno
a Bisignano, cosicché la gente iniziò a bussare continuamente al convento:
molti cercavano di incontrare, vedere o parlare con il nostro Santo per
raccomandarsi alle sue preghiere. Tutto ciò divenne fastidioso sia per fra
Umile che per i confratelli che amavano la quiete e il silenzio: per
rispettare il ritiro dei frati e per evitare la tentazione di vanagloria
per fra Umile, i superiori decisero di trasferire la sua residenza in un
altro convento. Purtroppo però, egli non riusciva nemmeno a sistemarsi nella
nuova fraternità che già si ritrovava invaso dalle folle: così il suo
spostamento si riteneva nuovamente necessario. In cerca di solitudine, fece
il giro di tutti i conventi della provincia: Bisignano fu il primo, poi
rientrò a Mesoraca dove aveva vissuto l'anno di noviziato, ma da lì si
spostò per andare a Cosenza, Dipignano, S. Lorenzo del Vallo, S. Marco,
Pietrafitta, Figline e Rossano. Questi frequenti spostamenti permisero a
molti frati di conoscere la santità della sua vita, ma divennero anche
l'occasione per parecchie umiliazioni: ogni nuovo superiore, cioè, si
sentiva in dovere di provare lo spirito di fra Umile con dure prove.
Bisogna per esempio ricordare quella ideata dal Padre guardiano del convento
di S. Severina che pensò di fargli stringere tra le mani, mentre era in
estasi sollevato da terra, una palla rovente. Lo scopo di tale gesto era
quello di capire se le estasi venissero o meno da Dio: il Signore però non
abbandonò
il suo fraticello operando un ulteriore miracolo. Il fuoco che doveva
bruciare le mani di fra Umile, infatti, non gli causò alcun male e, quando
il Santo si svegliò dall'estasi trovò le mani fresche ed intatte come se non
avessero affatto toccato il ferro arroventato.
Fra le tante afflizioni che fra Umile dovette attraversare, alcune furono
particolarmente dolorose anche se, con il dolore, gli offrirono la
possibilità di sperimentare la grazia di Dio. In ognuna di esse, infatti, il
Signore gli usò misericordia.
Conosciuto tutto ciò il Padre visitatore volle controllare meglio fra Umile
e decise di farlo chiudere in una celletta con un frate che lo control--lasse,
dandogli poco pane e poca acqua. Ma nemmeno in questa condizione il Signore
lo abbandonò: per i nove giorni che fra Umile rimase segregato, gli concesse
un'estasi continua e la possibilità di
assistere sempre alla Messa e di comunicarsi spiritualmente, ricevendone
consolazioni indicibili.
Ricordandosi delle sue abitudini da bambino e avendo trovato in quella
celletta dei pezzi di ferro e di canna, si costruì una croce e altri simboli
della Passione del Signore. I superiori, che non sapevano che quegli arnesi
erano stati fatti da fra Umile con del materiale lì rinvenuto, si
intimorirono perché iniziarono a credere che quegli oggetti gli fossero
stati procurati dal demonio. Per evitare che l'anima del frate si perdesse e
nuocesse anche agli altri, stabilirono che vivesse ritirato, chef non
incontrasse nessuno e che mantenesse il silenzio. Lo inviarono, quindi, il
convento di Mesoraca, dove egli aveva già trascorso il suo noviziato.